Un’intervista forte, la voglia di rimanere anonimi, poi l’orgoglio di dire “No, non sono io a dovermi vergognare”. Così Edoardo, intervistato dai microfoni di Chi L’Ha Visto, ha parlato apertamente di Mirko Campoli, l’ex professore di Religione dell’Istituto Enrico Fermi di Tivoli, che ha abusato di lui. A volto scoperto Edoardo ha dichiarato: “Tutti conoscevano Mirko Campoli, era un’istituzione del luogo dove vivevamo. Le attenzioni intime ci sono sempre state. Carezze, grattini, coccole, poi a 16 anni è successo quello che è successo e si è spinto oltre nel 2017. Nel 2019 in uno dei campi scuola che organizzava ero consapevole che ci fosse lui, ma non pensavo che avrebbe fatto un’attività su questo tema, facendo una lezione contro gli abusi sui minori. Con decisione sosteneva la sua contrarietà e questo ha scatenato un’ira e una rabbia impressionante. Avevo nascosto questa cosa e andavo avanti, poi dopo aver sentito questa lezione è riemerso tutto. Dopo la prima segnalazione fatta nessuno ha fermato Campoli. I ragazzi che non se la sentono di denunciare? Trovate un modo e fatelo, devono trovare la forza di incastrarlo”.
Insieme a lui è intervenuto anche il secondo ragazzo che ha trovato la forza di denunciare, portando alla sua condanna a 9 anni di carcere. Questa volta però il ragazzo ha preferito rimanere col volto coperto nel raccontare quanto accaduto: “Era come una persona di casa per me e la mia famiglia, era come un familiare, nessuno se lo poteva immaginare. Avevo 10 o 11 anni quando sono iniziati gli abusi che sono andati avanti per 5 anni. Poi quando sono cresciuto, ho compreso quello che era successo. Facevo finta di niente e me le facevo scivolare addosso. Lui predicava bene, ma poi alla fine era il mostro. Altri ragazzi coinvolti? Purtroppo so che ci sono molti ragazzi coinvolti e spero che anche loro possano parlarne. Io sono certo che almeno altre due o tre persone hanno subito le stesse cose con la stessa modalità”.
Infine è la volta dell’avvocato Michele De Stefano, legale delle vittime: “Ritengo che la collettività debba fare un plauso a questi ragazzi. Il loro intento era sì di avere giustizia, consapevoli che nessuna condanna li avrebbe ripagati di quello che hanno subito, ma anche di evitare che altri ragazzi potessero soffrire”.